sisto riario sforza - Società Agricola Riario Sforza s.s.

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SISTO RIARIO SFORZA








Sisto Riario Sforza nacque a Napoli il 5 dicembre 1810 dal duca Giovanni e da Maria Gaetana Cattaneo della Volta dei principi di Sannicandro .
Fu il terzogenito, dopo Augusto e Nicola Giovanni; entrambi i fratelli morirono prima di Sisto.
Nicola Giovanni sposò Laura Caracciolo, con la quale ebbe due figli: Giovanni Battista e Giulia.
Nicola morì nel 1853 e Sisto si occupò anche dei figli del fratello, soprattutto di Giovanni Battista che sposò, in seconde nozze, Giulia Milano, figlia del Principe di Ardore Giacomo Maria Milano.
Sisto venne battezzato lo stesso giorno in cui nacque, nella Parrocchia di S. Giorgio dei Genovesi.
Nel 1822 ricevette il sacramento della Cresima (padrino fu Giacomo Milano) e iniziò a frequentare il liceo arcivescovile.
Il 1° gennaio 1825 il quindicenne Sisto fa richiesta di poter «entrare nel Clero, per servire più da vicino il Signore Iddio».
Il 13 febbraio dello stesso anno fu tonsurato e vestito dell'abito religioso; a quei tempi era concesso ai giovani novizi di rimanere in famiglia.
Il 17 dicembre 1826 ricevette, dal cardinale Ruffo, i quattro ordini minori: ostiariato, lettorato, esorcistato e accolitato.
Nel 1828, trasferitosi a Roma, proseguì gli studi nel Pontificio Seminario Romano, sotto la guida dello zio, l'illustre cardinale Tommaso Riario Sforza, fratello di suo padre, allora Prefetto della Sacra Congregazione della Propaganda Fide e poi Legato Apostolico a Forlì, Prefetto della Congregazione del Buon Governo, Camerlengo di Santa Romana Chiesa e Ministro per il commercio, belle arti, industria e agricoltura.



Cardinale Tommaso Riario Sforza

A Roma, non ancora diciottenne, fu nominato dal papa Leone XII abate della chiesa di San Paolo ad Albano, beneficio che era, comunque, ab antiquo, di un ramo della famiglia Sforza Cesarini.
Il 22 dicembre 1832 Sisto veniva ordinato Diacono e il 15 settembre 1833, nella sua Napoli, era consacrato Sacerdote dal nuovo arcivescovo partenopeo Filippo Giudice Caracciolo.
Dopo l'ordinazione sacerdotale, il neo presbitero rientra a Roma dove, nel 1834, consegue il titolo di dottore in Diritto Canonico e Civile (utroque iuris) e, l'anno dopo, il dottorato in Sacra Teologia.
Durante tutto il periodo romano, mentre la notte impartiva lezioni di lettura e di vita ai diseredati, imitando l'apostolato di san Filippo Neri, di giorno assolveva con scrupolo e competenza i suoi alti incarichi come Cameriere e Segretario particolare del papa Gregorio XVI, Vicario di Santa Maria in Via Lata, Canonico Vaticano…
Nel gennaio 1836, mentre si trovava a Napoli a celebrare il matrimonio del fratello Nicola Giovanni con la duchessa Laura Caracciolo, venne richiamato a Roma perché designato, come Legato Apostolico a Parigi, alla corte di re Luigi Filippo, per portare la berretta cardinalizia all’arcivescovo di Bordeaux mons. Giovanni Le Febure de Cheverus.
Partì per la Francia il 18 febbraio, accompagnato dall’abate Michelangelo Del Medico e, dopo diciotto giorni di faticoso viaggio, il 7 marzo faceva il suo ingresso solenne a Parigi.
La permanenza di Sisto, in Francia, per circa tre mesi, fu coronata dall’ammirazione e dagli onori che la famiglia reale gli concesse.
Per nove anni, Sisto abitò nel Palazzo Apostolico e l'anticamera pontificia fu per lui un vero e proprio noviziato, dove il giovane monsignore perfezionò la sua chiamata al sacerdozio associando alla preghiera i complessi incarichi che giornalmente e ufficialmente espletava.
Il 29 gennaio 1844, muore il cardinale Filippo Giudice Caracciolo, arcivescovo di Napoli e, da quel momento in poi, Gregorio XVI incomincia a tessere una serie di relazioni idonee a convincere il governo borbonico che il giusto successore doveva essere il giovane Sisto. In base al Concordato allora vigente, infatti, spettava al re delle Due Sicilie, Ferdinando II, il beneplacito sul nuovo nominativo e, in tutte le opportune occasioni, il Papa non si stancava di ripetere che «Se Napoli vuole stare bene, deve prendersi mons. Sisto Riario Sforza».
Nel frattempo, il Pontefice, per prendere tempo, decide di affidare a Sisto la sede vacante di Aversa e il 24 aprile lo nomina vescovo di quella città.
Ad Aversa, Sisto vi rimase soltanto cinque mesi, perché nel frattempo Ferdinando II, finalmente convinto della proba scelta papale, aveva dato l’assenso sul nominativo del giovane, suo coetaneo, ad arcivescovo cardinale di Napoli.
L’otto dicembre 1845, Sisto Riario Sforza entrava solennemente nel duomo di Napoli tra il giubilo di un popolo in festa che da due lunghi anni attendeva il novello Pastore.
Nel gennaio 1848, in seguito ai fermenti rivoluzionari, Ferdinando II, per evitare che il Regno cadesse nella tribolazione di una guerra civile, concedeva la Costituzione.
Intanto, moti rivoluzionari scuotevano l'intera Europa e tutta l'Italia era attraversata da un fermento generale di protesta e da una voglia di cambiamento sociale e istituzionale. A Napoli, Sisto cercò in tutti i modi di placare gli animi, recandosi in prima persona sulle barricate dove gli insorti cercavano di forzare il blocco della Guardia Nazionale. Ma tutto fu vano; i combattimenti continuarono violenti per tutto il 15 maggio.
Il giorno dopo troviamo il Cardinale in ospedale, al capezzale di almeno cinquecento feriti, pronto a dare conforti, aiuti e benedizioni, intervenendo persino presso Ferdinando II perché perdonasse e liberasse gli insorti feriti e prigionieri, soprattutto i capi rivoluzionari.
I moti d'insurrezione raggiungono la sede papale a Roma. Il 15 novembre Pellegrino Rossi, ministro del Papa, viene ucciso da Gigi Brunetti con una coltellata alla gola, coadiuvato da un gruppetto di uomini composto da Toto Ranuzzi, Mecocetto, Trentanove e Costantini; monsignor Palma, che si trovava nella stanza del papa, a pochi metri dal Pontefice, viene raggiunto da un colpo di moschetto sparato dai rivoltosi assiepati sotto il Quirinale, sede papale. Pio IX, allora, la sera del 24 novembre, travestito da prete, lascia Roma e si trasferisce a Gaeta, accolto da Ferdinando II.
Sisto, informato della presenza del Papa a Gaeta, si re-ca a trovarlo e vi rimane per vari giorni.
In seguito, Pio IX si trasferì nella Villa Reale di Portici, assistito dal fedele cardinale di Napoli, sempre al suo fianco, fino al 12 aprile 1850 quando fece ritorno a Roma.
Contro l'avanzare della Chiesa Protestante in Napoli, Sisto Riario Sforza si adoperò con ogni mezzo per ostacolarne la diffusione, costruendo scuole cattoliche, acquistando terreni e case che potessero servire a edifici di culto.
Il Cardinale seguiva personalmente il cammino sacerdotale dei seminaristi e chi non aveva la vocazione veniva inevitabilmente espulso, perché secondo il giusto ideale, predicato dal Riario, il sacerdote doveva essere esempio vivente della presenza di Cristo in terra.
Offrì ai poveri e alle parrocchie della sua diocesi beni e denari, non disdegnando di soccorrere personalmente, nell'anonimato e protetto dall'oscurità della notte, intere famiglie immiserite e giovani caduti, chi per bisogno e chi per malcostume, nel precipizio dell'immoralità.
Egli fu l'istitutore per eccellenza di Opere Pie e Stabilimenti di beneficienza, in soccorso soprattutto dei malati e dei terminali "a domicilio", precorrendo i tempi .
Nel 1854, quando tutta l'Europa fu invasa dal temibile morbo del colera, il popolo napoletano ebbe modo di sperimentare l'eroicità della Carità, della Fede e della Pietà di Sisto Riario Sforza.
Il re Ferdinando II volle personalmente conferire a Sisto il Toson d'oro di San Gennaro e, sempre per la sua abnegazione e per l'eroismo dimostrato durante la pandemia, fu nominato balì di gran croce del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Il 7 settembre 1860 il generale Giuseppe Garibaldi faceva il suo trionfale ingresso in Napoli.
Il diniego di Sisto di sottostare alle imposizioni di Garibaldi che pretendeva, tra l'altro, che il presule permettesse al clero di prendere parte attiva alla crociata per la santa causa italiana, gli costò l'esilio, esaltando l'eroicità della sua fortezza. Era venerdì 21 settembre 1860 e ai rintocchi dell'Ave Maria, Sisto, accompagnato da un sacerdote e dal fido cameriere Peppino, veniva forzatamente allontanato dalla sua amata Napoli.
A Genova, fu accolto dall'arcivescovo mons. Charvaz che lo trattò come un fratello. Si trasferì poi a Marsiglia e, dopo alcune settimane a Roma .
Sisto rientrò a Napoli il 30 novembre, posticipando volontariamente di un giorno il ritorno, che era stato fissato per il 29, ed evitando tutti i festeggiamenti che il clero e il popolo avevano organizzato per accoglierlo, ma non poté sottrarsi alla commossa spontanea dimostrazione d'affetto dei napoletani presi alla sprovvista che, appena intravidero il loro amato Pastore, tra acclamazioni e pianti di gioia, lo accompagnarono in episcopio.
Il 31 luglio 1861 il questore di Napoli, il liberale Carlo Aveta, su ordine del Governo, impone a Sisto di lasciare nuovamente Napoli.
Questo secondo esilio, che durò per ben cinque anni, fu il principio di quella che venne definita tirannide politica avverso la Chiesa, perché di lì a poco, su sessantacinque vescovi dell'ex Regno delle Due Sicilie, ben cinquantaquattro vennero parimenti esiliati.
Finalmente Vittorio Emanuele II concede a Sisto il permesso di fare rientro nella sua Napoli e, il 6 dicembre 1866, il Cardinale ritorna nell'episcopio partenopeo.
Nel Processo Ordinario, Anna Gagliardi testimonia di quanto avvenne al suo fratellino di due anni, Ferdinando, che, dopo un intervento chirurgico subito all'Ospedale Gesù e Maria, a parere dei medici gli rimanevano soltanto ventiquattro ore di vita.
I genitori, allora, chiamarono l'Arcivescovo perché gli amministrasse il sacramento della Cresima.
Sisto si recò al letto del bambino morente e, al momento di impartire il Sacramento, chiese alla madre di prendere tra le braccia il figlioletto.
Questa, però, si rifiutava, poiché il piccolo era morente.
Il buon Cardinale allora la rassicurò: "Non temete, sollevatelo, non morirà. Guarirà, si farà adulto e sarà un buon giovane". E così fu.
Appena Sisto uscì da quella casa, il bambino cominciò a stare bene e, in poco tempo, guarì completamente contro il giudizio dei medici che ne avevano sentenziato la morte sicura .
Questo primo esilio durò soltanto tre mesi, durante i quali il Cardinale, seppure da lontano, continuò a governare la diocesi napoletana attraverso giornaliere missive indirizzate ai suoi più stretti collaboratori.
Per soccorrere i bisognosi e i malati, vendette i suoi beni facendosi povero per i poveri, fino a indossare abiti rattoppati, fino a mancare per sé di indumenti personali e da letto nell'ultima infermità (eroicità della povertà).
Dopo aver venduto i beni mobili (oro, argenteria, mobilia, preziosi, ecc.), si privò anche degli immobili: latifondi situati in Puglia (S. Severo), Calabria (Monteleone, oggi Vibo Valentia), Sicilia (Terranova), distribuendo il ricavato ai poveri, ma anche ai ricchi caduti in disgrazia, e niente trattenendo per sé. E quando non ci fu più nulla da vendere, il nobile cardinale Sisto Riario Sforza, cominciò a mendicare per poter ricavare il necessario per i suoi poveri. Arrivò finanche a chiedere un prestito di dodicimila ducati al banchiere Adolfo Rotschild.
Quando ritornò a restituire l'ingente somma, il banchiere gli disse: "Vostra Eminenza può ritenere questo danaro: so bene a quale scopo esso è servito".
Sabato 29 settembre 1877, poco prima delle otto, quasi sessantasettenne, fortificato dai sacramenti, dopo aver impartito gli ultimi avvertimenti e la paterna benedizione a sacerdoti e amici, Sisto Riario Sforza muore, così come muoiono i santi, consegnandosi nelle mani di Dio nelle quali soleva riporre ogni giorno le amarezze e i successi della sua vita. Tempo prima aveva predetto al suo amico sacerdote don Francesco Nacciarone che sarebbe morto il giorno di san Michele Arcangelo.
Ultimo arcivescovo del Regno delle Due Sicilie, fu il tipo del Pastore eroico per virtù, e la sua vita fu un Vangelo vivente .


Dal Volume: G. Mobilia, Brevi note sulla vita del Servo di Dio
Il Cardinale Sisto Riario Sforza, Arcivescovo di Napoli, L'Alba, Maropati 2011




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