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ALESSANDRO VI




Alessandro VI, nato Rodrigo Llançol Borgia, nacque a Xàtiva, il 1º gennaio 1431 e morì a Roma, il 18 agosto 1503; fu il 214º papa della Chiesa cattolica dal 1492 alla morte.
Il 25 luglio 1492 moriva papa Innocenzo VIII, uomo mondano (padre di numerosi figli, dei quali era orgoglioso) e venale che aveva praticato il nepotismo e la simonia, mal amministrando le già dissestate finanze della Chiesa.
Tre mesi prima era scomparso anche Lorenzo il Magnifico, privando così l'Italia di un'importante personalità politica continentale e di un fondamentale punto di riferimento dell'equilibrio fra gli Stati italiani all'indomani della pace di Lodi.
I tempi non erano ancora maturi però, per aspettarsi un pontificato molto diverso dal precedente.
Nella notte tra il 10 agosto e l'11 agosto, il Sacro Collegio volle elevare al Soglio pontificio il cardinal Rodrigo Borja y Borja, valenzano. Fu incoronato in San Pietro il 26 agosto successivo con il nome di Alessandro VI. Aveva 61 anni.
Rodrigo, trasferitosi dalla nativa Valencia in Italia ancora giovanissimo, fu allievo di Gaspare da Verona e studiò poi giurisprudenza a Bologna.
Nipote di Papa Callisto III (al secolo Alonso de Borja), fratello della madre Isabella, fu da questi elevato alla porpora a soli 25 anni e volle italianizzare il suo nome in Borgia, così come aveva fatto in precedenza lo zio Papa. Successivamente ricoprì anche l'incarico di Vicecancelliere della Chiesa romana.
Rodrigo Borgia era un uomo dissoluto e un libertino impenitente e come tale si comportò per tutta la vita: da laico, da cardinale e da papa ancora di più, senza minimamente preoccuparsi di celare agli altri questa sua scandalosa condotta di vita.
Il suo percorso terreno fu disseminato di numerosi figli, ovviamente tutti illegittimi. Da una relazione con Giovanna Cattanei, detta Vannozza, nacquero quattro figli ed altri tre nacquero da una donna sconosciuta. Nel corso del suo pontificato gli nacquero altri due figli; la sua amante ufficiale fu Giulia Farnese, moglie di Orso Orsini.



    
Giovanna Cattanei, detta Vannozza e Giulia Farnese


La storiografia oggi è ormai unanime nel ritenere che la scandalosa condotta di vita di Rodrigo Borgia, caratterizzata da un esasperato erotismo e da una continua ricerca del piacere fisico, debba essere attribuita ad una forma patologica della sua psiche.
Se l'elezione del Cybo, suo predecessore, fu certamente macchiata da trattative simoniache gestite dal cardinal Giuliano Della Rovere e dallo stesso cardinal Borgia, altrettanto lo fu l'elezione del Borgia, tant'è che, non appena eletto, questi si affrettò a provvedere immediatamente ad onorare gli impegni contratti nel corso del Conclave.
Il suo principale sostenitore, cardinal Ascanio Sforza, fu gratificato con la nomina di Vicecancelliere e con la cessione del palazzo padronale della famiglia Borgia.
Ai Colonna furono ceduti la città di Subiaco e i vicini castelli.
Il cardinale Orsini ottenne i possedimenti di Soriano nel Cimino e Ponticelli, mentre al cardinal Savelli fu ceduta Civita Castellana.
Agli inizi del suo pontificato il Borgia attuò importanti mutamenti nella disordinata Roma del tempo. Ristabilì, infatti, l'ordine nella città eterna, caduta nel caos più totale nel corso della sede vacante e adottò importanti provvedimenti di politica economica per il risanamento della finanza pubblica. Sembrava quindi avviato ad un pontificato decisamente dignitoso e forse anche animato da una ravvivata spiritualità, tramite un promettente abbandono di quella condotta libertina che ne aveva caratterizzato l'esistenza fino a quel momento.
Dei sette figli avuti nel corso degli anni, due in particolare conquistarono il suo cuore e le sue attenzioni, e su di essi riversò per tutta la vita un grande affetto, oltre che un fiume di ricchezze: Cesare e Lucrezia.


 
Cesare e Lucrezia Borgia

Cesare, figlio di Vannozza Cattanei, era stato nominato Protonotario apostolico già alla tenera età di sei anni da Sisto IV.
Innocenzo VIII lo nominò vescovo di Pamplona e il padre lo nominò arcivescovo di Valencia, conferendogli la porpora cardinalizia nel 1493, a soli 18 anni. Cinque anni dopo dismise la porpora, contrasse matrimonio con una cugina del re Carlo VIII di Francia, fu da questi nominato duca del Valentinois (da cui proviene il soprannome "Valentino") e si dedicò esclusivamente ad attività militari che avrebbero dovuto condurlo alla conquista di vasti territori. E così fu. Con astuzia e sagacia rare, Cesare riuscì ad impossessarsi di numerosi territori adriatici, creando un importante sbocco ad est per la Chiesa. La morte del padre segnò il declino delle fortune militari di Cesare, che morì a sua volta pochi anni dopo.

Lucrezia, figlia anch'essa di Vannozza Cattanei, è passata alla storia come un personaggio molto controverso, donna dissoluta e forse incestuosa sia con il padre sia con il fratello Cesare. Così almeno si riteneva fino a parecchi anni fa; oggi si è persuasi del fatto che Lucrezia fosse una donna sfortunata ed al tempo stesso capace; i suoi rapporti con i familiari, sembrano agli storici d'oggi una calunnia dei suoi nemici. Contrasse un primo matrimonio, all'età di tredici anni, nel 1493, con Giovanni Sforza, conte di Pesaro. Alcuni anni dopo, il suo matrimonio fu dichiarato nullo in quanto non consumato. Una perizia medica accertò che a diciassette anni Lucrezia era ancora vergine.
All'età di diciotto anni, andò in sposa al principe di Bisceglie, Alfonso, figlio naturale di Alfonso II di Napoli. Ma Alfonso fu assassinato nell'agosto del 1500 per ordine di Cesare, forse ingelosito dal sincero amore della sorella per il marito.
Il 30 dicembre 1501 Lucrezia sposò in terze nozze Alfonso I d'Este, e si trasferì a Ferrara, dove visse fino alla morte avvenuta nel 1519 a soli 39 anni a causa della setticemia, dopo aver dato al marito sette figli: Alessandro, Ercole, Ippolito, Alessandro, Eleonora, Francesco, Isabella Maria.

Il primo atto politico che Alessandro VI dovette affrontare, fu un confronto con Carlo VIII di Valois, Re di Francia, nel 1493, allorquando questi, mediante una serie di trattati stipulati con Enrico VII d'Inghilterra, Ferdinando e Isabella di Spagna e Massimiliano I d'Asburgo, si era assicurato un solido appoggio per la riconquista del Regno di Napoli, quale eredità angioina ma che era nelle mani degli aragonesi.


  
Carlo VIII e Ludovico il Moro


Le mire di Carlo VIII sul Regno di Napoli non erano condivise da papa Alessandro, soprattutto perché anche Ludovico il Moro, Duca di Milano si era alleato con il re francese dimostrando oltre a scarsa lungimiranza politica una forte stupidità. Ciò stava a significare che se la riconquista di Napoli da parte di Carlo VIII fosse andata a buon fine, lo Stato Pontificio si sarebbe trovato nella morsa dei francesi e ne avrebbe dovuto subire inevitabilmente il predominio.
Al fine di scongiurare questa infausta eventualità, papa Alessandro si affrettò a concludere con gli aragonesi di Napoli un'alleanza sancita anche dal matrimonio di suo figlio Jofré con Sancha, figlia di Alfonso II di Napoli e, successivamente, procedette all'incoronazione di Alfonso II d'Aragona a Re di Napoli.
Carlo VIII, giudicando un affronto queste iniziative del Papa, scese in Italia alla testa del suo esercito. Re Alfonso, intravvedendo una situazione di pericolo per la sua persona, cedette la corona di Napoli al figlio Ferdinando II e riparò in Sicilia. Lo stesso Papa si trovò in enorme difficoltà all'interno del suo Stato a causa della ribellione scatenata dai Colonna e da numerose famiglie nobili romane, cui non sembrava estranea la mano del cardinal Della Rovere.
Quando il 31 dicembre 1494 Carlo VIII entrò in Roma, non trovò alcuna resistenza, e il Papa era asserragliato in Castel Sant'Angelo. Avendo compreso che la posizione del Valois era vincente, Alessandro VI decise di scendere a patti con il sovrano francese, offrendo libero passaggio all'esercito francese sul suolo pontificio e mettendo a disposizione anche il figlio Cesare come guida fino ai confini con il Regno di Napoli, in cambio del giuramento di obbedienza del Re verso il Papa. La qual cosa avvenne in un pubblico concistoro. Dopo di che il Re francese entrava a Napoli, senza colpo ferire. Era il 22 febbraio del 1495.
Ma la facilità con cui Carlo VIII era riuscito a conquistare Napoli cominciò a spaventare tutti gli altri regnanti d'Europa, i quali formarono una nuova coalizione antifrancese, la Lega Santa, comprendente il Papa, la Spagna, Massimiliano d'Asburgo, la stessa Milano e Venezia. E quando gli spagnoli sbarcarono in Calabria, Carlo VIII capì subito che il vento cominciava a spirare contro di lui, per cui si affrettò a riprendere la via del ritorno risalendo la penisola.
Fu però raggiunto dall'esercito della coalizione al comando di Francesco II Gonzaga, che, in una sanguinosissima battaglia, combattuta a Fornovo, nel parmense, il 6 luglio 1495, ebbe la meglio sull'esercito francese. Carlo VIII, benché sconfitto, riuscì ugualmente ad attraversare le Alpi e riparare in Francia. Ferdinando II d'Aragona poté così ritornare sul trono di Napoli.
Nel 1498, scomparso senza eredi Carlo VIII, salì sul trono di Francia Luigi XII d'Orleans. Uno dei primi atti del nuovo Re fu quello di scacciare Ludovico il Moro da Milano, ritenendosi l'erede legittimo del Ducato, in forza del ben noto testamento dei Visconti che assegnava agli eredi di Valentina Visconti il Ducato, in caso di estinzione della dinastia. Poiché la dinastia Visconti si era estinta, Luigi XII avanzava pretese di eredità essendo egli discendente diretto di Valentina. Il Papa, però, intravide in questo atto grandi possibilità per il figlio Cesare, per cui si affrettò a concludere un'alleanza con il nuovo sovrano francese. Re Luigi, però, interpretò questa alleanza in una chiave del tutto diversa, cioè intravide un lasciapassare per la Francia verso la riconquista del Regno di Napoli, quale eredità dei suoi antenati angioini.
Orbene, per cementare i buoni rapporti ritrovati tra la Francia e il Papa, Luigi XII diede in moglie a Cesare Borgia, la principessa Carlotta d'Albret, sorella del Re di Navarra; gli assegnò anche il Ducato di Valentinois, gradito a Cesare anche perché gli consentiva di recuperare il soprannome di Valentino, con cui era già noto quando era Arcivescovo di Valencia, e gli promise di sostenerlo nella conquista di parte della Romagna, cui il rampante Cesare ambiva.
Questa alleanza produsse i suoi effetti pressoché immediatamente. Luigi XII aprì la campagna d'Italia e conquistò subito Milano con l'aiuto anche dei mercenari svizzeri che allora possedevano l'esercito più equipaggiato e meglio organizzato d'Europa. Tant'è che, in cambio dell'aiuto dato ai francesi, soprattutto nella vittoriosa battaglia di Novara del 1500, mediante il trattato di Arona del 1503 ottennero Bellinzona e l'intero Canton Ticino.
Papa Borgia fu anche moralmente corresponsabile della morte del frate domenicano Girolamo Savonarola, condannato al rogo per eresia nel 1498 con condanna eseguita nel maggio dello stesso anno in Piazza della Signoria a Firenze. Le sue ceneri sparse in Arno assieme ad altri suoi seguaci. Ironia della sorte, Alessandro fu corresponsabile della morte di uno dei pochi uomini che seguisse con interesse e stimasse; infatti la scomunica (falsa) contro il Savonarola non fu mai impartita dal Papa, bensì dal cardinale arcivescovo di Perugia Juan López su istigazione di Cesare Borgia, che assoldò un falsario per creare una finta scomunica e distruggere il frate. Alessandro protestò vivamente contro il cardinale e minacciò Firenze di Interdetto affinché gli fosse consegnato il frate, così che potesse salvarlo e farlo discolpare, ma era talmente succube del figlio Cesare che non agì con tutto il potere che aveva. Alessandro lasciò morire un uomo che riteneva santo, salvo poi lamentarsi col Generale dei Domenicani d'essere stato ingannato, e assolverlo post mortem dicendo nel suo VII concistoro (4 settembre 1498) che lo avrebbe volentieri ascritto all'albo dei santi. Certo è che Savonarola fu vittima delle sue stesse prediche e di circostanze politiche più grandi di un uomo che per "amor di Dio" fu protagonista estremamente discusso e non sempre positivo della vita fiorentina.




Gerolamo Savonarola

Negli anni 1500-1503, Cesare Borgia, che ormai veniva da tutti chiamato "il Valentino" in quanto Duca di Valentinois, scatenò le sue soldataglie in Romagna alla conquista di quei territori a cui egli aspirava e in forza della promessa fattagli dal Re di Francia in occasione delle sue nozze con la principessa Carlotta.
Se, però, re Luigi gli assicurava l'appoggio politico, il Valentino aveva necessità di reperire molto danaro per sostenere il suo esercito. Gli venne in aiuto il padre mediante un'ennesima operazione di simonia. Papa Alessandro vendette, infatti, ben dodici titoli di cardinale. Il prezzo pagato fu molto alto e sufficiente per dare avvio all'impresa militare del figlio.
Con notevole audacia e sfrontatezza il giovane Borgia conquistò, in successione, prima Pesaro, Cesena e Rimini e poi anche Faenza, Urbino e Senigallia. Il 12 gennaio 1500 si arrese Forlì: il capoluogo romagnolo, governato fin dal 1488 da Caterina Sforza, madre di Giovanni dalle Bande Nere capitolò cedendo la Rocca di Ravaldino. Dopo di che, fu investito dal "Papa padre" del titolo di Duca di Romagna. Da quel momento lo Stato della Chiesa perdeva una parte cospicua del suo territorio che passava nelle avide mani della famiglia Borgia.
L'obiettivo ultimo dei Borgia era quello di trasformare lo Stato Pontificio in uno stato a guida laica sotto la loro influenza, sottraendolo al legittimo potere clericale e dando inizio ad una dinastia; in altri termini i Borgia intendevano secolarizzare lo Stato della Chiesa.
Per raggiungere quest'obiettivo era necessario eliminare tutti gli ostacoli rappresentati dalle potenti famiglie che costituivano la nobiltà romana; furono quindi confiscati i possedimenti ai Savelli, ai Caetani e ai Colonna e furono ridistribuiti tra i membri della famiglia Borgia: Giovanni, figlio di appena due anni dello stesso Papa, diventò Duca di Nepi; mentre Roderico, figlio di due anni di Lucrezia, divenne Duca di Sermoneta. Cesare stesso conquistò il Ducato di Urbino. Infine venne attaccata la famiglia Orsini, con l'eliminazione fisica del cardinale Giovan Battista e il bando decretato contro tutti gli altri componenti della famiglia.
I Borgia mirarono allora alla conquista della Toscana, per cui fu loro necessario ottenere nuove risorse che furono ricavate da Alessandro VI tramite la vendita di alte cariche curiali e nomine cardinalizie.

Queste azioni spregiudicate portarono all'insorgere di un clima di terrore nello Stato Pontificio.
Si è sempre discusso molto, e se ne discute ancora, sulle circostanze e sulle modalità della morte di Papa Alessandro VI.
Forse fu la malaria a porre fine alla vita del Borgia.
C'è, però, un'altra versione che vuole che la morte del Papa sia avvenuta per avvelenamento, ma per errore. Alcune fonti indicano infatti che il cadavere del Papa fosse molto gonfio e la lingua fosse di color violaceo, sintomi di un forte avvelenamento.
Si dice che, nel corso di una riunione conviviale presso la dimora del cardinale Adriano Castellesi di Corneto, fosse stato posto del veleno nel vino destinato al Cardinale, ma che per errore il vino fosse stato bevuto dal Papa, e annacquato da Cesare, che pure si ammalò gravemente, ma non morì. Altre cronache dell'epoca riferiscono, però, che al momento della dipartita del Papa anche il cardinal Castellesi e altre persone della servitù fossero stati colpiti dallo stesso male, avvalorando la tesi di un'intossicazione, magari involontaria, dei cibi. John Kelly, decano della St. Edmunt Hall di Oxford, afferma che ci sono buoni motivi per pensare ad un omicidio, avvenuto per errore, essendo probabilmente il veleno destinato ad un altro commensale.
La morte di Papa Alessandro produsse il crollo di tutti i piani di conquista del Valentino. Venivano meno tutte le fonti di finanziamento, rendendo impossibile a Cesare Borgia il mantenimento del suo esercito. Il figlio prediletto di Papa Borgia si avviava così ad un triste declino. Riuscì a sopravvivere, comunque, anche in maniera piuttosto fortunosa, sia sotto il pontificato di Pio III che di Giulio II. Dopo di che, fu arrestato dal generale Consalvo di Cordova il Gran Capitano e condotto prigioniero in Spagna, dove morì nel 1507 cercando di difendersi da dei sicari, dopo essere sfuggito alla prigione. Aveva all'incirca 32 anni.
Il cadavere di Alessandro VI subì vicende travagliate. Fu prima deposto, senza alcuna celebrazione funebre, in San Pietro, quasi furtivamente, a causa dei disordini scoppiati all'indomani della sua morte. Fu successivamente traslato nei sotterranei del Vaticano. Molto tempo dopo la sua mummia fu nuovamente rimossa e sepolta nella chiesa di Santa Maria di Monserrato, la chiesa degli Spagnoli in Roma, dove stette praticamente dimenticata per secoli fino alla sua definitiva sistemazione sul finire del XIX secolo.

Citando Gervaso, Alessandro "fu senza scrupoli, senza fede, senza morale", connotazioni incompatibili con il pontificato, ma che non gli impedirono di essere un politico e un monarca di altissimo livello.
Una delle note positive ascrivibili al suo papato si deve al mecenatismo: per esempio sotto il suo pontificato il cardinale Jean Bilhères de Lagraulas, ambasciatore di Carlo VIII presso la Santa Sede, commissionò la celebre Pietà a Michelangelo. Gli appartamenti Borgia, nei palazzi vaticani, furono invece commissionati al Pinturicchio, che realizzò un notevole ciclo di affreschi in pieno stile rinascimentale (oggi ospitano la sezione di arte moderna dei Musei Vaticani).
Tra i suoi sostenitori, dopo la morte, troviamo il Ferrara e il Fusero che arrivarono a definirlo un "buon sacerdote". Pasquino nella saggezza popolare romana ne traccia forse il giusto epitaffio:
"Tormenti, insidie, violenze, furore, ira, libidine, siate spugna orrenda di sangue e crudeltà! Giace qui Alessandro VI; godi ormai libera, Roma, perché la mia morte fu vita per te"
Più recenti ricerche storiche, mentre confermano molte pecche di questo papa rinascimentale, ne attenuano o annullano altre non meno infamanti.
Si mette in risalto anche la sincera pietà religiosa di questo papa che passava facilmente da comportamenti "licenziosi" a sincere pratiche di pietà devozionali e penitenziali. Ha provveduto, tra l'altro, che tra il popolo si diffondesse la pratica quotidiana del rosario, ha favorito e consolidato il culto verso il Santissimo Sacramento. Questo contrasto tra il comportamento morale e la pietà religiosa ha fatto sorgere il dubbio che Alessandro soffrisse di qualche anomalia della personalità, come l'ossessione patologica per il piacere sessuale.
L'appoggio dato al figlio Cesare "Valentino" negli eccessi aggressivi per il ripristino della sovranità dello Stato Pontificio in Romagna era, in Alessandro, orientato a difendere l'integrità dello stato più che a sua personale sete di potere. Per conseguire questa integrità dello stato e difenderlo, Alessandro non mancò di lasciare capire che era pronto a invadere territori degli stati confinanti.
Tra i suoi successi di indirizzo politico nelle avverse circostanze del tempo, non va sottovalutata la sua politica di tolleranza riguardo agli ebrei. Quando questi venivano espulsi dalla Spagna e poi respinti da Firenze, Napoli, Milano, Venezia, Alessandro VI ne accolse fino a 8000 e multò pubblicamente gli ebrei locali che, timorosi di perdere il loro status civile, insistettero, anche con regalie, presso le autorità pontificie perché ai loro correligionari non fosse concesso l'asilo. Aveva anche creato un centro di accoglienza per gli ebrei sull'Appia antica. Per questa sua tolleranza verso gli ebrei veniva chiamato il papa "marrano"; in un processo contro 180 marrani, egli volle fosse accettata la loro proposta di riconciliazione: purtroppo uno di questi, ostinatosi, subì la condanna a morte.




 

  
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